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FACCIAMO CHIAREZZA: IMMIGRAZIONE E ACCOGLIENZA

  • Massimiliano Mazzarella
  • 19 apr
  • Tempo di lettura: 2 min

Aggiornamento: 28 apr


Il tema dell’immigrazione è spesso affrontato in modo superficiale o ideologico. Per questo ho voluto raccogliere in modo chiaro alcuni dati, smontare alcune fake news e proporre soluzioni concrete per migliorare la gestione dell’accoglienza anche a Trento.

Le fake news da sfatare

Spesso si sente dire che il Comune di Trento non stia facendo nulla per i richiedenti asilo. È falso. Il Comune si sta facendo carico direttamente di alcune residenze, in cui ospita decine di persone a proprie spese.Un altro luogo comune è che i richiedenti asilo siano aumentati. Anche questo è falso: i posti a disposizione sono stati dimezzati dalla Provincia, passando dai 1600 del 2018 ai 730 di oggi.E ancora: si afferma che l’accoglienza sia solo un costo. Anche questo è sbagliato. Uno studio indipendente della CEI ha dimostrato che ogni euro speso ha generato un indotto doppio per il territorio.Infine, si sostiene che “li trattiamo troppo bene” e per questo arrivano. Peccato che oggi le condizioni di permanenza siano peggiorate, con tagli drastici a spese per assistenza, formazione e integrazione.


I numeri reali

Nel 2018, i richiedenti asilo ospitati in Trentino erano 1600, distribuiti in 69 Comuni e 170 strutture. Oggi sono 730, ma il 70% è concentrato a Trento, dove le uniche 3 strutture provinciali (Fersina, Adige e Brennero) possono accoglierne solo 415.A Trento, circa 130 persone rimangono senza posto, in balia degli eventi, nella speranza di accedere a un’accoglienza strutturata. Il Comune, nonostante non sia tenuto a farlo, ospita direttamente 59 persone nei dormitori dei Bellesini e del Convento Laste.


Un sistema che funzionava

L’accoglienza diffusa non era solo un modello umano e dignitoso, ma anche vantaggioso per il territorio.Secondo dati Euricse:

  • Ogni 1 € speso ha generato 1,96 € di produzione economica e 1,69 € di valore aggiunto

  • Ha coinvolto 20 enti del terzo settore

  • Ha creato 145 unità lavorative equivalenti (ULA), generando lavoro in contesti fragili

  • Ha avuto un costo contenuto: solo lo 0,27% della spesa pubblica provinciale (circa 10 milioni di euro all’anno)

Tagliare un sistema che creava integrazione, coesione sociale e lavoro locale è stata una scelta miope.


Cosa serve davvero

Per affrontare il tema con serietà servono soluzioni, non slogan. Ecco alcune proposte concrete:

  • Ripristinare l’accoglienza diffusa: più controllo, più integrazione, meno marginalità

  • Inserimento al lavoro fin da subito: accelerare le pratiche burocratiche, promuovere tirocini e impieghi nei settori in crisi di manodopera

  • Creare HUB temporanei di accoglienza: spazi sicuri e controllati per i nuovi arrivati, prima dell’inserimento

  • Più sicurezza e severità dove serve: potenziare i presìdi e rafforzare strumenti come il daspo urbano

  • Tornare a investire in formazione e lingua: perché conoscere regole e cultura è il primo passo verso l’integrazione e la legalità


Una comunità più sicura è una comunità che non abbandona, ma integra. E l’integrazione funziona solo se è fatta bene, su basi solide, con dati alla mano.Non servono nemici, servono risposte concrete e lungimiranti.








 
 
 

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